47: Giove e Ganimede

Titolo dell’opera: Ratto di Ganimede

Autore: Rembrandt Harmenszoon Van Rijn (1606-1669)

Datazione:1635

Collocazione: Dresda, Gemaldegalerie

Committenza:

Tipologia: dipinto

Tecnica: olio su tela (177 x 130 cm)

Soggetto principale: Giove, sotto forma di aquila, rapisce Ganimede

Soggetto secondario:

Personaggi: Giove (sotto forma di aquila), Ganimede

Attributi: aquila (Giove); aquila, ciliegie (Ganimede)

Contesto: paesaggio boschivo

Precedenti: Rembrandt, Schizzo preparatorio con il Ratto di Ganimede, pennello, penna d’oca e inchiostro marrone su carta (18,5 cm x 16,1 cm), Dresda, Gabinetto dei disegni (http://galatea.univ-tlse2.fr/pictura/UtpicturaServeur/Images/NePasOuvrir/0/A0230.jpg)

Derivazioni:

Immagini: http://img160.imageshack.us/img160/6340/rattodiganimedekg8.jpg

Bibliografia: Van Mander C., Het schilder-boeck, Haarlem 1604; Russell M., The iconography of Rembrandt’s “Rape of Ganimede”, in “Simiolus: Netherlands Quarterly for the History of Art”, vol. 9, 1977, n. 1, pp. 5-18; Ragghianti L.C., La Gemaldegalerie di Dresda, Mondadori, Milano 1986, pp. 98-100; Marongiu M., Il mito di Ganimede prima e dopo Michelangelo, Mandragora, Firenze 2002, p. 36; Papa R., Rembrandt e Amsterdam, in “Art Dossier”, 2006, n. 222 pp. 18-20

Annotazioni redazionali: Rembrandt ci offre un’interpretazione innovativa del mito di Ganimede,una sorta di parodia delle iconografie rinascimentali precedenti e delle complesse interpretazioni che le avevano accompagnate. Il dipinto mostra un Ganimede bambino, di circa tre anni, sollevato rudemente per l’abitino dall’aquila-Giove; lo spavento genera nel bambino il fuoriuscire di un incontrollato fiotto di urina. Il gruppo è eseguito con realismo intenzionalmente crudele, sottolineato dal cielo plumbeo alle spalle dei protagonisti e dallo sfondo poco riconoscibile, forse un bosco, forse una grande nuvola carica di pioggia, che incute comunque un senso di oppressione. Papa (2006) ritiene che Rembrandt si sia rifatto alla fonte letteraria di Carl Von Mander, che, commentando il testo Ovidiano, vede Ganimede come simbolo dell’anima umana che, se pura, aspira a riunirsi a Dio. Questa tesi all’epoca di Rembrandt era stata ampiamente accettata in tutta Europa: non è più Giove che desidera la presenza di un mortale per la sua bellezza fisica, ma il desiderio di Dio di chiamare vicino a sé un’anima terrena particolarmente degna. Questa tesi veniva usata anche per dare un senso, una spiegazione religiosa alle morti infantili. Secondo Margarita Russell, lo schizzo preparatorio del dipinto, conservato presso il Gabinetto dei disegni della Gemaldegalerie di Dresda, pressoché identico a quella che sarà poi l’opera finale, mostra con particolare chiarezza come alla base della scelta di illustrare il mito di Ganimede ci fosse la volontà di trattare il tema della “morte di un bambino”. Nello schizzo infatti, il rapimento di Ganimede, che si divincola disperato, avviene sotto gli occhi di due figure che, secondo Margarita Russell, sono identificabili con i genitori dell’ipotetico bambino defunto, che, non essendo riusciti ad impedirne la morte, gesticolano impotenti, anche se questo dettaglio sparisce nella versione finale del dipinto. La committenza dell’opera è di ambito Mennonita-Anabattista. I Mennoniti, infatti, consideravano i bambini non ancora adatti a ricevere la grazia redentrice divina, immaturi per quell’unione che il mito simboleggia; per questo Rembrandt rappresenterebbe un Ganimede così piccolo e recalcitrante. Le ciliegie che il bimbo stringe nella mano hanno una duplice chiave di lettura; riallacciandosi di nuovo al credo Mennonita-Anabattista, esse alluderebbero “al sacrificio di Cristo, in qualche modo afferrato, ma senza che abbia una vera efficacia” (Papa, 2006), oppure possono essere viste come frutta del Paradiso. Le ciliegie infatti sono spesso rappresentate nelle mani di Gesù Bambino nei quadri che lo rappresentano con la Madonna. Rembrandt sostituisce l’iconografia pagana di Ganimede che offre il nettare agli Dei con quella cristianizzata dell’offerta delle ciliegie, simbolo di purezza. Il fatto che il bambino rappresentato stia urinando può essere visto come prova di realismo, per scioccare l’osservatore, o come simbolo del disgusto del pittore di fronte al tema dell’omosessualità trattato dal mito. Più probabilmente però, Rembrandt connette simbolicamente l’immagine del putto che urina con la figura zodiacale dell’Acquario. Infatti gli autori Alessandrini antichi narrano di come Ganimede, dopo il suo volo verso l’Olimpo, viene reso immortale da Giove che lo trasforma nella Costellazione dell’Acquario (Cfr. scheda opera 15). Rembrandt combina quindi i due miti classici di Ganimede in una singola, originale immagine: Ganimede, l’anima pura e infantile che gioisce in Dio, è anche Acquario, reso immortale nella costellazione, che fornisce al mondo acqua viva.

Valentina Martinoli